Sbuffo e mi getto all’indietro con la sedia da ufficio. Rotolo per mezzo metro indietro e lo guardo, allibito – Cazzo, Tears, ma come fai? Sei un orologio analogico tra i digitali!-

Lui si avvicina curioso al monitor e poggia la lattina di birra sulla scrivania – Sono anche una meridiana, se mi metto al sole nudo, ma questo che c’entra? –

Sospiro. – Con questo computer siamo collegati direttamente agli archivi della Confederazione! Si può sapere chi te lo ha installato se tu non sai nemmeno inviare una mail? –

Si gratta una tempia e prende di nuovo in mano la sua lattina di birra – Shelv mi ha mandato tempo fa un paio di passacarte che lo hanno collegato a qualcosa. –

Allargo le braccia – Ma il computer ce lo avevi già quindi! –

– See, ma non lo usavo io. –

– E chi? –

– Il mio precedente collega, mi è rimasto in eredità diciamo. Comunque mi hai chiamato qui mentre, spiaggiato sul divano, mi guardavo Ken il Guerriero1, dammi un buon motivo per non svitarti la lampadina da sette watt che ti tiene acceso il cervello. –

Sospiro – Allora, tramite il browser, inserendo l’ IP del_-

– Hey? Conciso! – sbotta lui

– Ma è complesso da spiegare: ero già conciso! –

– Tu però hai solo 30 dei miei preziosissimo secondi. Stupiscimi. –

Getto la testa all’indietro, i capelli strisciano a terra quando sono seduto, quindi cerco di spostarli lontano dagli enormi anfibi che quest’uomo indossa, intanto medito. – Ok. Allora, da qui possiamo sapere immediatamente, prima che la Confederazione contatti un Alleato, chi passa il confine e dove. –

– Ottimo. Giusto quello che ci serve. E poi? –

– La posizione di tutti gli alleati, tramite i loro braccialetti con GPS. – indico un punto sul monitor. Il browser visualizza una cartina satellitare della città vista dall’alto. Ci sono molti puntini luminosi, acanto c’è una breve legenda. Si può zoomare e la risoluzione può arrivare a mostrare una carta di caramella sul marciapiede. – E tieniti forte… .- cambio la visuale della cartina e – TADAAAAN! – esulto.

– Tadan il cazzo. Cos’è ‘sta roba? – borbotta lui guardando i puntini di prima, senza sotto la cartina e corredati ora con alcuni numeri.

– Sono riuscito a cambiare il codice di lettura di questa cartina in modo tale che non solo utilizzi il gps dei bracciali, ma veda anche quanto questi bracciali sono carichi, per cui quanto potere bloccano. –

– Quindi quanto sono potenti quelli che li portano… – mormora lui.

– Esatto!! – Ha capito, incredibile! – Allora non sei scemo come un secchio di cozze vuote! – Dico trionfante.

Si gira molto lentamente e mi guarda. Mi guarda in un modo tale che non riesco a descrivervelo, ma un bel brivido giù per la schiena non me lo toglie nessuno.

– Sia chiaro Principessa. Io ti sfotto. Tu, no. –

Annuisco. Deglutisco. Cambio argomento.

– Comunque non riesco a capire come la Confederazione ti lasci in mano tutte queste informazioni riservatissime, è surreale: solo per entrare là dentro ti scansionano tutto in entrata e in uscita, manca solo l’esame rettale! –

Si stringe nelle spalle e beve dalla lattina, poi l’accartoccia e la lancia nel cestino vicino alla scrivania – Diciamo che Shelv si fida. Non ha motivo per non farlo, ci conosciamo da sempre. –

Rutta. – E poi, – prosegue – sto combattendo contro uno stronzo che ha lo Iantor. Queste informazioni lui le può benissimo percepire dallo Iantor stesso, per cui abbiamo bisogno di partire almeno con armi pari. –

Non è scemo davvero, ogni tanto se ne esce con ‘ste cose a cui non ho mai pensato…

– Comunque come ci muoviamo? come facciamo a sapere quali profughi sono stati contattati da Sin? O dov’è lui…- Chiedo.

Lo vedo fissare il monitor, ma non sta guardando la cartina visualizzata sopra, sta pensando. Poi scuote la testa.

– Andiamo ad intuito. –

– Ad intuito? –

Scuote di nuovo la testa e smanacca un po’ – Non c’è uno schema preciso, però se so dove appaiono i profughi posso dirti con una buona precisione se è li che dobbiamo andare o meno. –

Esce dallo studio e si dirige in salotto. Lo seguo.-Ma che cazzo di metodo di lavorare è?-

– Scemo, lo so, però per quel coglione che dobbiamo prendere non abbiamo niente su cui lavorare se non il mio sesto senso. E per ora ha funzionato benissimo, dove pensavo avrebbe colpito, l’ha fatto. –

– Hai avuto culo! –

Ondeggia il capo, pensandoci su. – Può darsi. O forse conosco troppo bene il nostro nemico. –

***

Questo accadeva tre giorni fa.

Le incursioni che ho rilevato sul computer della Confederazione in questi tre giorni sono state più di sessanta e l'”intuito” di Tears non ha fiutato nulla di strano in nessuna di esse.

In effetti non ci è arrivato niente nemmeno dalla Shield, nemmeno un … .che ne so: “dove cazzo siete?”

Io mi limito a tenere sotto controllo gli strumenti e a riferire, Tears si limita a starsene sbracato sul divano a ruttare e cercare di fare centro nel bidone con le lattine vuote di birra.

Ah, cucina eh. E cucina anche molto bene.

Anche se non ho detto niente, devo aver rischiato la vita la prima volta che l’ho visto in grembiule tra i fornelli. Questo perché devo aver fatto una faccia su cui si leggeva benissimo cosa stessi pensando.

Che colpa ne ho se ho una vasta mimica facciale?

Il computer mi segnala un incursione, almeno credo. Controllo. Meglio riferire.

Esco dallo studio e mi affaccio al salone. Appoggio le mani sull’enorme bidone della spazzatura in acciaio che c’è di fianco alla penisola della cucina. – Ci sono delle anomalie nella zona tra Busto e Castellanza, tratto viale Borri. – gli dico.

Lui non si scompone. Se ne sta li, birra in mano, seduto sul divano, con i piedi sul tavolino (o quel che è, visto che è fatto con due copertoni di un tir) mentre guarda la tv.

– Di che tipo? – Chiede solo.

– Variazione di elettricità nel campo. –

– Temporali? – Lancia la lattina di birra vuota nella mia direzione. Alzo il coperchio, la lattina rimbalza sul coperchio e poi finisce dentro – Cielo limpido. –

Richiudo.

– Ottimo! – Si alza con un colpo di reni e lo sento anche canticchiare mentre si avvia al tavolo, per recuperare la Beretta. Schiaccia e il caricatore esce, controlla i proiettili, ne aggiunge un paio e poi richiude e l’arma.

– Potrebbe essere un caso… non lo so… – dico.

– Naaa, non credo alla casualità, questo è un profugo nuovo, e credo proprio che sia per noi – ghigna -mettiti il vestito bello Signorina, si esce! – Ridacchia contento mentre infila la Beretta dietro la cintura.

Gli rifaccio il verso, ridacchiando – Uuuuh!Andiamo al parco giochi! – Possibile che si diverta così tanto ad andare ad ammazzare la gente??

Vado nella mia stanza, stacco il netbook dal pc fisso e lo ficco nel mio zaino. Butto dentro anche il palmare che ho trovato abbandonato qualche giorno fa in un cassetto di questa scrivania. Ci penso e poi infilo in tasca anche il gps.

– Allora Principessa! Ti stai rifacendo il trucco!? –

Qualche giorno lo ammazzo, e sarà il mio primo omicidio.

Recupero la Glock e me la metto nella tasca della felpa. Torno in soggiorno, lui è già sul montacarichi – Mica aspettano noi eh! – bercia.

– Parabellum?- chiedo.

Lui tira giù la saracinesca del montacarichi e scendiamo. Si ficca una mano nella tasca della giacca e mi lancia una scatola di proiettili. – Toh. –

****

Siamo nei garage e sto caricando la Glock mentre cammino, alzo lo sguardo e rimango di sasso.

Tears butta una sacca nel baule, poi sale e mette in moto. – Allora?! Aspetti l’avvento!? MUOVI IL CULO! –

Salgo. Lui parte istantaneamente.

– Quand’è che hai fatto riparare la macchina? E’ nuova! –

– Mentre tu stavi incollato al computer a guardare siti porno. Sembri in trance quando stai davanti a quello scatolone- Prende in mano una ricetrasmittente ad onde corte tipo quella della polizia. L’avevo notata la prima volta che ero salito in macchina ma non ci avevo dato peso.

– Ha parlato chi conosce a memoria le battute di Ken il guerriero…- Borbotto.

Apro il netbook e carico la cartina del passaggio dimensionale dove ci stiamo recando. Noto con piacere che alla Confederazione sono già riusciti ad identificare i profughi.

Intanto Tears parla dentro la ricetrasmittente. – Hey, Shelv! – sbotta.

– Shelv? – Strabuzzo gli occhi – Tu parli direttamente con il Generale capo della Confederazione? Così?? –

– Non essere maleducato, cazzo! – Mi guarda – sto parlando! – indica la ricetrasmittente.

Mi guizza un sopracciglio.

– Allora elfo, mi ricevi? –

La trasmittente sfrigola un po’, poi sento la voce del Generale – Ti ricevo Tears. Quand’è che pensi di utilizzare un cellulare invece di questa vecchia trasmittente ad onde corte? –

Lui ghigna. – Naaa, poi dovresti togliere quell’orribile scatolone dalla tua moderna scrivania di cristallo, e non sarebbe più divertente. –

Guida di nuovo con il ginocchio sul volante, per poter tenere la ricetrasmittente e prendere contemporaneamente il pacchetto di sigarette dalla tasca della giacca. – Senti un po’- dice alla trasmittente. Poi si volta verso di me – Quanti sono? –

Il netbook dice tre.

– Tre. –

Torna alla ricetrasmittente – Quei tre tra Busto e Castellanza, ci andiamo noi. –

Sento sfrigolare – Ricevuto. Ritiro l’Alleato che abbiamo già allertato. –

Lui ghigna – Era Mesis? è la sua zona quella. –

– Non sono tenuto a fornirti questa informazione. –

– Vabbhè, vabbhè, sticazzi… –

– Comunque noto con piacere che il Netbook di cui ti ho fornito, finalmente viene utilizzato. –

Impreco. – Merda! – Mi è scappato. Allora sapevano che ero dentro a spulciare gli archivi.

La trasmittente funziona bene, perché il Generale mi ha sentito.

– 156459 bis? –

Guardo Tears, lui mi fa cenno di parlare e mi passa la trasmittente – e… .ecco..s..si? –

– Sto per trasmetterle i file dei profughi da cui vi state recando. –

– ah oh… ok… grazie. – Riesco ad entrare nel panico anche quando non mi sta davanti.

– Comunque non si preoccupi, non ha violato nessun protocollo. Ha solo utilizzato mezzi che avevamo dato a 156459, e che lui non è mai riuscito nemmeno ad accendere. –

– Fottiti Shelv- Tears parla sguaiato di modo che lo senta.

156459? C’è qualcosa che non mi torna. Ma mi arrivano i file e sono troppo occupato per chiarire. Apro le schede.

– Sono arrivate? – chiede la trasmittente.

– Si, la ringrazio Generale. –

Tears mi rifà il verso, come i ragazzini. Evidentemente per lui sono troppo formale.

– Ottimo, vi lascio al vostro lavoro. Passo e chiudo. – La comunicazione si interrompe ed io sento solo fruscio. Tears mi toglie la trasmittente dalla mano e la rimette a posto.

– Toglimi una curiosità, Tears… –

– Uoh – Sembra uno scimmione quando risponde così.

Anche quando mangia a volte.

Anche quando dorme sul divano…

Spesso.

– Qual’era il tuo codice da Alleato? –

Sbuffa. S’accende la sigaretta. – 156459 –

Porc_ – Ed io cosa sono? Il tuo doppione? –

– Ma va è un caso. Hanno ricominciato le numerazioni dando il bis e sei capitato il mio stesso numero. –

– Ma che figata!! –

– Perché lo trovi tanto “fico” ? –

Lo guardo. – Non lo so, ma è una coincidenza interessante! E poi siamo finiti per lavorare insieme! –

– Eh, e allora? Cos’è? Il destino ci ha legati? –

– EH! –

– Ma vaffanculo. Vedi piuttosto di dirmi chi minchia sono quei tre! –

– ok ok… allora… sono tre ex galeotti, per questo i file che ci hanno fornito sono abbastanza completi, erano già schedati. Il primo si chiama…-M’interrompo, mi sta fissando strano. – mbhè? –

Lo vedo come svegliarsi da un coma vigile, riprende a guardare la strada. -Niente, continua, ti sto ascoltando. –

– Si ma cosa c’è? E’ successo qualcosa? –

Scuote la testa e inspira dalla sua sigaretta – No, un fottuto dejavù del cazzo. Prosegui! –

Lo fisso, mi stringo nelle spalle. Proseguo. – Il primo si chiama_ –

– Non me ne frega un cazzo di come si chiama! Non ci devo uscire a cena! Voglio sapere se hanno dimestichezza con le armi, con la magia e se si con quali di entrambe!! –

– Ok, ok… sta calmo… Comunque si, risulta che tutti e tre abbiano già tentato il salto dimensionale qualche anno fa, e la Confederazione li ha rispediti indietro. Però sono riusciti a stare qui per qualche mese e hanno imparato ad usare le armi da fuoco per difendersi. In quanto a magia non ne parla. –

– Ok, andiamo a fargli il culo adesso. –

Accelera.

****

Sto guardando il monitor del gps quando vedo la nostra freccetta oltrepassare il punto prestabilito. Poggio una mano sul braccio destro di Tears – TEARS TEARS!! Aspetta! –

Lui si ferma. Con molta lentezza, e con un pizzicotto, mi toglie la mano dal suo braccio – Giù le mani…non ti fare ingannare dal capello un po’ lungo, eh… –

Mi massaggio la mano – Il gps dice che sono nei paraggi! Coglione! –

Vedo il suo sguardo scrutare dubbioso fuori dai finestrini. – Sicuro?- Mi chiede.

Confermo.- Devono essere sopra quell’edificio. – Il gps non può sbagliare, è proprio quello il punto indicatomi dalle coordinate che Shelv mi ha fornito.

Lui ferma la macchina e scende. Raccatto la mia roba e quando chiudo lo sportello me lo trovo davanti.

– Tutto quel troiaio che ti porti appresso rimane in macchina. – indica vago con l’indice.

– Il cosa? –

Smanacca – L’ambaradan! Tutta quella roba elettronica! – E indica il mio zaino con dentro netbook, gps e palmare.

– Che cosa? – Protesto. – Perché? –

Lui sbuffa. – Cazzo…lo spermatozoo più veloce non era il più sveglio… – inspira – l’abilità maggiore, e forse l’unica che hai oltre a quella di rompere i coglioni, è lo scatto e l’agilità, se ti porti dietro tutta questa zavorra non servirai ad un cazzo!-

Apro la bocca per dire qualcosa.

– Zitto! –

Mi blocco.

– Bocca chiusa e respira col naso! – Indica la macchina dietro di me – Ora fai l’ultimo download e lascia quella roba qui! –

Lo fisso, molto male. Però faccio come dice.

****

– Porca vacca, ma proprio su un palazzo di sei piani? – Arranco per la scala esterna antincendio, Tears è dietro di me.

– Ma la smetti di lamentarti? E’ dal primo piano che rompi le palle per un paio di rampe! – Replica lui.

– Sono una persona sedentaria io, sarò agile ma non ho una grande resistenza, e per fare le scale esistono gli ascensori! –

– Ed io ti ricordo che esiste una cosa chiamata palestra. Pensa se ti portavi dietro tutte quelle minchiate di prima! –

– Quelle minchiate mi avrebbero potuto avvertire se mentre noi salivamo comparivano altri profughi dal passaggio, ora invece potrebbero essere raddoppiati che non lo sapremo mai! –

– Non lo sapremo mai perché non ci arriveremo mai in cima, di questo passo! –

Sono così impegnato a berciargli contro che non mi accorgo che il gradino che sto facendo è l’ultimo. Una scarica di proiettili si conficca nel rivestimento in catrame del tetto a cui siamo arrivati. La mia mano scatta alla Glock ma vedo il catrame saltare sempre più vicino. Troppo!

Indietreggio, la pistola mi cade e il muro del parapetto è ormai dietro di me.

Lo scavalco e mi butto di sotto.

Sento Tears urlare un “FIGLIO DI MADRE NUBILE!”

Altri spari. Io sono aggrappato con le mani al parapetto. Al di là del parapetto. E non vedo niente, se non i sei piani sotto di me.

Gli spari s’interrompono. Sento un urlo e poi da parte a me sfreccia l’uomo urlante, che vola di sotto.

Tears si sporge oltre il parapetto e guarda il profugo schiantarsi a terra sei piani più sotto.

– Cazzo! – Dico – Hai visto che volo!?! –

Ridacchia – Chi pensi che glie l’abbia fatto fare? –

Si appoggia al parapetto e mi guarda appeso a sei piani di altezza. -Hey, Come si sta li sotto?-

– Oh bene. La vista è incantevole… VAFFANCULO! – Lo sento ridere mentre finalmente mi afferra il collo della felpa e mi issa su. Con una mano sola.

Quando fa ‘ste cose mi mette paura…

– Si può sapere cosa cazzo facevi li sotto? – chiede.

– Evitavo i proiettili! – Mi tolgo di dosso la polvere.

– Ti sei buttato giù da solo? Ma quanto sei scemo? –

– Al momento m’era sembrata un idea geniale. –

Ride di nuovo. Almeno lui si diverte…- Sei intero? – Chiede

Mi controllo. – S… si… mi sembra che il cuore batta ancora. – Afferro la mia Glock da terra e quando mi rialzo lo vedo, dietro di lui.

– TEARS! –

Sparo

****

Mentre il proiettile del novellino mi sfiora l’orecchio, non ho tempo di pensare se riesce a distinguere la testa del profugo dietro di me dalla mia, perché ho altro in mente. Dietro di lui: un’altro stronzo. E la Beretta nella mia mano è pericolosamente leggera. Premo il grilletto ma già lo vedo con la coda dell’occhio: il carrello è indietro.

Vuota.

L’ho visto nel suo sguardo che lo ha sentito, ma ha trovato più pericoloso quello che stava dietro di me, e che adesso sta gemendo a terra probabilmente colpito ad una spalla, conoscendolo.

Cazzo.

Il ragazzino si blocca. Alza le mani, lascia cadere la Glock.

– Allora, adesso che fai, eh? – Mi chiede il profugo.

Mi stringo nelle spalle. – Niente, aspetto che lo fai fuori poi io sparo a te. – Prendo la scatola di proiettili che ho in tasca e tiro fuori il caricatore – Non avrai il tempo di sparare ad entrambi. – Mentre ricarico il tizio stringe i denti e pensa a scappare, ma io metto un solo proiettile e sono più veloce del suo cervello nel panico. Un proiettile è tutto quello che mi serve ed il caricatore è già nella Beretta.

Lo tengo sotto tiro anche se di mezzo c’è il novellino.

Inclino la testa e ghigno un po’ – Vedi, coglione, quello che non sai è che il mio collega accettando di lavorare per la Confederazione ha accettato anche di morire nel tentativo di raccogliere i suoi punti. –

Vedo il novellino sgranare gli occhi – Cosa?? Cazzo! No! –

Lo ignoro e proseguo – Ed é disposto a morire pur di non farsi prendere in ostaggio… –

– Ma perché dovrei!?!? – E’ sempre più sconvolto.

– Te ne stai un po’ zitto? – Gli chiedo, scocciato dalle interruzioni.

– AH certo! Stai per farmi un foro passante in fronte e devo pure stare zitto! Io ti salvo il culo e tu m’ immoli alla causa! Almeno fingi di_ –

Non è nemmeno un secondo. Gli pianta una gomitata nelle costole, parte uno sparo ma lui si abbassa, punta mano destra a terra e con la gamba sinistra tesa gira su se stesso e lo butta a terra.

Recupera la Glock e tira un calcio alla mano del tizio. La pistola del profugo cade e lui la calcia lontano.

– CHE CAZZO! Tutto da solo devo fare! – Impreca.

Io sto già ricaricando la pistola con gli altri proiettili. Il novellino invece sproloquia a caso nella mia direzione mentre tiene sotto tiro il tizio.

Mi volto finalmente verso quello che mi stava alle spalle.

– Non è mai una buona idea arrivarmi alle spalle- gli punto la pistola alla fronte, lui è in ginocchio e sanguina copiosamente dal petto.

– Va all’inferno… – dice.

– Tienimi il posto. – gli sparo.

Da dietro, la voce del novellino arriva sempre troppo alta per essere sopportabile. – TEARS! CAZZO MA… .Ma te li ammazzi tutti quelli che incontri?!-

Lo raggiungo dall’altro profugo, quello che sta tenendo sotto tiro – Mbhè, te sei ancora vivo. – Lo affianco e punto anche io la pistola.

– Vuoi levarti il pensiero?? – Sbraita. Ripone la Glock in tasca e senza che gli dica niente, lo perquisisce.

– ‘Naaa, posso resistere ancora. – sospiro scazzato.

Il novellino trova un bigliettino nella giacca interna del tizio, me lo porge senza leggerlo.

Ottimo. Ha capito al volo quello che doveva fare.

Me lo ficco in tasca, lo leggerò poi.

– Allora, coglionazzo… Posso anche decidere di non farti esplodere il cervello, e farti semplicemente ributtare di là, se mi dici come ti ha contattato il tuo basista qui.- dico finalmente al profugo.

– Io non so un cazzo, amico. – mi dice quello, ma si sta cagando in mano.

– Si certo, ma io non sono tuo amico… Vogliamo vedere se la memoria ti torna cambiando aria al cervello? – Gli attacco la canna della Beretta alla fronte.

Con la coda dell’occhio vedo il ragazzino che raccoglie il revolver del tipo, un vecchio Colt Python. Sembra sapere quello che fa, è tranquillissimo. Lo lascio fare e spingo di nuovo la pistola sulla faccia del tizio. – Che ne dici? Magari se ti scavo una galleria passante nell’occhio l’informazione che mi serve salta fuori insieme alla tua materia grigia… –

Con un colpo il novellino tira fuori il tamburo, spinge fuori tutti i proiettili rimasti, poi ne carica uno e fa roteare il tamburo prima di rimetterlo a posto. Gli punta la pistola alla tempia.

– Vediamo cosa ne dici di questo. Io conto fino a tre, e se al tre non mi hai detto ancora niente, sparo. – dice – Può darsi che ti vada bene, può darsi che ti vada male… –

E conta. Ed io lo fisso.

Fa sul serio?

Il profugo n’è convinto e tenta un – Aspetta io non_ – ma è troppo lento e il novellino arriva al 3.

Preme il grilletto.

BAM!

Materia cerebrale e sangue sulle mie scarpe.

– Che cazzo! – Sbotto. – Che ti è venuto in mente, porcocazzo?! – bercio.

Il tipo casca con una nuova presa d’aria nel cranio e il novellino è quasi più sconcertato del morto.

-…N…non… una su sei… – Balbetta – Era statisticamente quasi impossibile!- e si muove a scatti, prima controlla il tizio, poi guarda la pistola, poi guarda ancora il tizio e infine getta per terra il revolver manco scottasse.

– Certo…- Borbotto – ”Quasi” era a chiave di tutto…- nel mentre cerco di staccare un pezzo viscido e sanguinolento dal mio anfibio.

– Una sola..una sola cazzo di probabilità su sei… era per… spaventarlo cioè – parla da solo, con quella sua voce querula di quando è sconvolto.

– E per spaventarlo metti un proiettile vero?- Stacco una foglia da un ortensia in vaso li vicino e mi pulisco via quella roba dalla pelle delle scarpe -Ma tu guarda che casino… –

– Una sola probabilità..cioè, proprio il primo, come cazzo… era… –

– Chiama la squadra di pulizia!- gli dico -che cazzo, che fottuto casino di merda…. – borbotto.

Lui gira l’orologio, attiva il gps e ancora sta blaterando: “Una su otto!” e lo vedo allontanarsi con le mani nei capelli.

– Dove credi di andare, eh?! Dove stai andando adesso?!! –

Si volta di scatto isterico -Vado a morire in una scarpata! Ok!? –

****

E’ un secondo.

Lo vedo sgranare gli occhi e puntare la Beretta verso di me, ma non fa in tempo ad urlarmi qualcosa che d’istinto mi abbasso e rotolo di fianco.

Sento una lama sibilare a meno di un centimetro dal mio collo. Rotolo e ho già in mano la Glock.

Cazzo! Non l’ho neanche sentito arrivare! E’ la prima volta che mi succede!!

E’ li, inginocchiato, probabilmente saltato giù dal tetto dell’edificio a fianco. Il lungo spolverino nero e leggero si sta ancora posando dietro di lui, in mano ha una katana. Gli occhi sono due fessure incattivite e le pupille sono ristrette come quelle di un felino a caccia.

– Tu non centri niente. – sibila.

Light Novel - Service's code - chapter 04Scatta verso di me. Sparo tre colpi, ma non riesco a prenderlo perché è troppo veloce e mi è addosso. Rotolo. Sento il rumore dell’acciaio della lama sul catrame del tetto, una, due tre volte. Poi uno sparo. Stringo gli occhi, ma non sono io ad essere stato colpito e la pistola era quella di Tears. Riapro gli occhi e lui non c’è più.

Vedo solo Tears che guarda in alto mentre ancora punta la pistola nella mia direzione. Alzo lo sguardo e lo vedo anch’io un ultima volta, scomparire sui tetti. Salta come una gazzella, quello stronzo!

– ANDIAMO! – E’ Tears che mi urla, sta già correndo verso la scala esterna dell’edificio, diretto verso la Leon parcheggiata qui sotto.

Mi alzo e lo rincorro – Cosa?? –

– Tagliati quei cazzo di capelli se non ci senti, ho detto andiamo! Dobbiamo prenderlo! – Salta praticamente da una rampa all’altra, io posso al massimo fare i gradini tre a tre. Sale in macchina e come al solito parte prima che io sia entrato del tutto nell’abitacolo. Lasciamo giù tutto il battistrada in quella via.

Appena partiamo una scarica di proiettili forano cofano e parabrezza. Ci buttiamo giù e cozziamo le teste uno contro l’altro.

Aureole e Dèi vari.

Ci rialziamo. Tears ha la testa dura, e io sono un po’ stordito. Mi massaggio il cranio. Lui invece sembra non aver accusato il colpo, credo ce l’abbia tutt’osso all’interno, niente cavità.

– Cazzocazzocazzocazzo! – Tears pesta i pugni sul volante e più che guardare la strada guarda sui tetti. E’ notte e di gente non ce n’è in giro, ma gli ostacoli ci sono lo stesso e_

– ATTENTO!!! – urlo

Tears sterza di botto, evita l’angolo di una casa, io finisco sullo sportello e poi mi bercia contro -NON MI ROMPERE IL CAZZO! Io guido da prima che l’uccello di tuo padre ti mettesse in cantiere!!-

– Si ma, nonostante in Generale la tua guida non sia delle più sicure, non so perchè ma adesso è peggio del solito! – Sono aggrappato ovunque: ho la cintura, ho puntato i piedi, tengo la maniglia con la mano destra e il sedile con la sinistra.

– NON LO VEDO PIU!! – urla, e con un gesto secco tira un cazzotto a quel che rimane al vetro del parabrezza staccandolo, per poi lanciarlo giù dalla macchina.

Non lo avevo ancora visto così incazzato.

Mi chino e tiro fuori dal mio zaino il netbook. Lui mi guarda storto con la coda dell’occhio, crede che non lo veda ma un ladro di professione vede e sente tutto. Il computer era in stand-by, si attiva subito. Metto in condivisione la connessione col cellulare ed entro nel programma della confederazione. Anche qui ho installato lo stesso programma di comunicazione che Tears ha sul fisso a casa.-CHE CAZZO STAI FACENDO CON QUEL COSO SI PUO’ SAPERE!?!? AIUTAMI A TROVARE QUELLO STRONZO!!-

– E’ QUELLO CHE STO FACENDO!!! – Gli urlo.

Si zittisce.

Strano.

Torno al pc. Tiro fuori anche il navigatore e lo attacco in parallelo al computer.

– Non è possibile… –

– Che cosa!?! – Altro pugno sul volante. Stiamo andando a venti all’ora, deve essere nei dintorni ma il gps non me lo rileva… non è possibile, ha con se lo Iantor quindi deve emanare chissà quale energia.

– Non lo rileva, non rileva nessuno, rileva noi due e basta. –

– Certo, COGLIONE! Lo Iantor è solo un catalizzatore! Non un involucro pieno di potere come i bracciali! E lui non lo ha nemmeno più, quel cazzo di bracciale! – mi strappa il GPS dalle mani e lo lancia dal finestrino.

– E ORA DIMMI DOVE CAZZO SEI! – urla…

Al gps.

Mi schiarisco la voce e rimetto via il computer.

Sono ancora chinato quando sento uno schianto davanti a me.

****

Un istante, e il tempo si dilata.

E’ una questione di fotogrammi e rumori. Lo schianto della lamiera del cofano. Un secondo schianto che non identifico subito. La Katana infilzata nel poggiatesta del passeggero. L’occhio sgranato del novellino.

E lo vedo dopo. Ha in mano la Glock.

Quando inchiodo, il tempo ricomincia a scorrere.

Sin rotola giù dal cofano. Vedo sangue ma non inquadro di chi. Appena capisco che non è rotolato cadendo ma si è buttato all’indietro, getto una mano verso il passeggero, ma non stacco gli occhi dal nemico. Cerco di scuotere Zendaru, ma se s’è preso la katana in fronte è dura che risponda.

Sin si rialza. Porta una mano al collo. Guarda il suo stesso sangue.

Si lecca un dito.

Poi mi guarda.

Salta e lo perdo di vista.

Questa volta non lo inseguo, mi volto verso il novellino. – HEY! –

Gli scuoto la testa, vedo del sangue ma non capisco da dove cazzo esce – HEY!! BRUTTO CAZZONE NON CI PROVARE A SCHIATTARE AL SECONDO LAVORO, SAI!!! –

Ruota lo sguardo verso di me, e allora mi accorgo che il sangue gli esce dall’orecchio. E vedo anche dove la lama si è infilata: nel poggiatesta, accanto al suo orecchio destro. E’ stato solo graffiato.

Mi guarda, bianco in faccia, con le pupille che sono un puntino e gli occhi sgranati, mi afferra per il colletto e mi scuote. – T… Tears!! – è sconvolto

– Cosa? –

– Sono diventato Van Gogh?? –

****

 

Light Novel - Service's code - chapter 04E’ quasi l’alba ed io ho seguito tutto il combattimento dall’alto di alcuni palazzi.

Ora li guardo allontanarsi sul viale Borri mentre spingono la Leon: Tears dietro, il novellino mezzo dentro e mezzo fuori dalla parte del guidatore. Riesco anche a sentire i loro discorsi.

– Troverai i tuoi piedi alla fine delle gambe, che ne dici di cominciare a muoverli? –

– Li sto muovendo! E’ solo che questa dannata automobile pesa come un camper! –

– Sei tu che hai la spina dorsale di vetro! Qui sto spingendo solo io, non pensare che non me ne sia accorto! –

– Ma lo sai che esistono i carro attrezzi? –

– Certo! E come lo spiego un cofano ridotto come un campo da golf? Piccioni che cagano acido!? –
Niente male quel ragazzino che gli hanno affidato, ha una buona carrozzeria e combatte bene, sopratutto per la sua età.

Sorrido e scuoto la testa. Avevo intenzione di fare una capatina a casa di Tears per vedere il nuovo arrivato, ma visto com’è di nuovo ridotta la sua macchina, non credo dovrò inventarmi delle scuse. Mi chiamerà lui stesso domani.

Anzi, oggi. In lontananza albeggia.